Mestre, 6 settembre 2023 – E’ un grido di allarme quello lanciato dalla UIL Veneto e dalla UIL FPL di Venezia sulla carenza dei professionisti infermieri, la cui professione ormai non è più appetibile.
I dati delle preiscrizioni ai Corsi di Laurea per l’anno Accademico 2023-2024 nelle due Facoltà di Medicina e Chirurgia di Verona e Padova sono assolutamente preoccupanti, ed è realmente a rischio la tenuta di tutto il sistema socio sanitario. Sono complessivamente 1984 i posti complessivi disponibili nelle 2 Facoltà di Medicina e Chirurgia di Padova – 1050 – e Verona – 604 ai quali si sommano i 150 posti di Trento e i 130 di Bolzano, ma i dati delle immatricolazioni come prima scelta sono davvero allarmanti.
“Lo scorso 4 settembre sono scaduti i termini per le preimmatricolazioni, iniziate a metà luglio scorso sono solo poco più di 800 le domande presentate all’Università di Padova come opzione di prima scelta pari a circa il 80%, come si vede dalla tabella – affermano Igor Bonatesta e Francesco Menegazzi rispettivamente Segretario Confederale UIL Veneto e Segretario Generale UIL FPL di Venezia – ma il fabbisogno risulta comunque sottodimensionato, poiché le esigenze di turn-over di infermieri per i prossimi anni ricomprende non solo la Sanità Pubblica, ma anche gli Ospedali Privati e le Case di Riposo, che sono al collasso”.
Peraltro questo è un dato in parte fuorviante, poiché non è garantito che tutti coloro che iniziano questo percorso di studi lo portino a termine vuoi perché si ritirano anzitempo, vuoi perché negli anni successivi, gli studenti provano ad iscriversi ad altri corsi universitari, medicina per prima, ma anche fisioterapia, tecnico di radiologia, etc… Ne consegue che, in media, gli infermieri laureati dopo 3 anni sono circa il 30% in meno di quelli iscritti.
“Il paradosso dell’incremento dei posti disponibili per il Corso di Laurea in Medicina – proseguono i sindacalisti della UIL – sta determinando un ulteriore impoverimento nella scelta di questa professione. Come annunciato di recente dal Ministro Bernini, solo quest’anno sono stati incrementati di circa 4000 i posti disponibili in tutta Italia i posti dall’anno accademico 2023-2024. La conseguenza è che gli studenti optano con più facilità per un percorso di studi che dura sicuramente di più, ma inevitabilmente più redditizio a lungo termine”.
Numero massimo di posti per corso di laurea nelle diverse sedi gestite dall’Università di Padova – si evidenzia come le preiscrizioni per la sede di Mestre/Mirano siano il 65% dei posti disponibili (130 su 200), mentre quello della sede di Portogruaro sia addirittura del 32% (32 su 100)
QUALCHE RIFLESSIONE – Perché siamo arrivati a questo punto?
- Una sbagliata programmazione formativa: da molti anni sollecitavamo una revisione del numero chiuso, o quantomeno di incrementare i posti disponibili ai corsi di laurea, iniziativa che avvenuta solo qualche anno fa, ma sempre in numero insufficiente rispetto alle esigenze. Da anni, l’Ordine degli Infermieri OPI e il Sindacato sollecitava una profonda revisione dell’impianto per agevolare le immatricolazioni e creare appetibilità al corso di laurea. Il numero chiuso negli anni scorsi, di fatto ha scoraggiato molti potenziali ragazzi lusingati da un percorso di studi che è ricco di soddisfazioni e prospettive, facendogli preferire altre carriere in ambito sanitario, ma non solo.
- L’infermiere è diventata ormai una professione poco attrattiva, sono sempre meno i giovani che vogliono intraprendere un percorso di studi che è impegnativo, ma che, forse non è noto, darà sicuramente sbocchi professionali immediati sia nell’ambito del lavoro pubblico che rispetto alla libera professione.
- La vocazione, ovvero la passione e propensione che spinge a intraprendere questo mestiere. Sono cresciute le responsabilità insieme alle competenze senza un’adeguata valorizzazione della professione sia in termini economici che di riconoscimento da parte della popolazione. Il ruolo dell’infermiere continua ad essere visto ancora come subordinato, tant’è che spesso viene chiamato paramedico, un vocabolo che ne sminuisce la professione e l’identità. Non parliamo delle continue aggressioni che il personale subisce, non solo che lavora nei pronti soccorso in prima linea, ma anche per coloro che operano nelle psichiatrie e sedi distrettuali.
- Il Covid ha stravolto le priorità: se prima del 2019 era il posto pubblico, per dirla alla Zalone, l’obiettivo del neo laureato in Scienze Infermieristiche, da quando nel mercato si sono imposte le cooperative a gestire pezzetti di Sanità Pubblica, il meccanismo si è rovesciato, e sono sempre più frequenti le dimissioni, anche di professionisti ultracinquantenni, che abbandonano il lavoro sicuro nel posto pubblico per dedicarsi alla libera professione.
- Gli stipendi: c’è poco da fare, un infermiere guadagna troppo poco rispetto ad un collega di altri paesi europei, la conseguenza è anche che molti professionisti provenienti dall’Est o anche dal Sud America preferiscono scegliere Inghilterra, Germania, Francia o anche la stessa Spagna, dove il lavoro viene remunerato di più. In Italia un infermiere guadagna 28.000€ annui lordi, a fronte dei quasi 40.000€ del collega francese o 54.000€ di quello tedesco.
- Sono ancora molte le limitazioni e i vincoli rispetto alla possibilità di esercitare la libera professione: la recente norma prevista dall’art.13 del DL 34 del marzo 2023 è ancora troppo rigida e comporta costi aggiuntivi quali la necessità di stipulare un’assicurazione per colpa grave o di iscriversi necessariamente all’ENPAPI – l’Ente di Previdenza degli infermieri libero professionisti, che di fatto scoraggia questa scelta.
QUALCHE NUMERO – Gli infermieri in Veneto sono circa 33.000, dei quali circa 23.000 operano in Sanità Pubblica, e poco meno di 10.000 distribuiti tra Ospedali Privati, le 351 Case di Riposo e altri contesti Territoriali. La stima è di una carenza di circa 1200-1300 infermieri, con criticità importanti soprattutto nel Veneto Orientale e nelle zone montane.
Nel territorio veneziano sono circa 6570 gli iscritti all’Ordine Professionale degli Infermieri (OPI), un dato che corrisponde grossomodo al personale che opera nel territorio provinciale. In ASL 3 sono circa 3380 gli infermieri in servizio (a fronte di un fabbisogno di 3520 – DDG dell’Ulss 3 Serenissima n°348-2022), e poco più di 1000 in ASL 4. Va sottolineato che nel Veneto Orientale è già scaduta la graduatoria per infermieri di recente deliberata da Azienda Zero. A questi vanno aggiunti coloro che lavorano nei 5 Ospedali Privati (Villa Salus, Policlinico San Marco, Fatebenefratelli, IRCSS San Camillo e Casa di Cura Rizzola) oltre alle circa 40 Ipab e Case di Riposo gestite da cooperative. Da una nostra analisi mancano non meno di 150-200 unità per continuare a garantire il rispetto dei minimi assistenziali.
L’età media di un infermiere è elevata, oltre i 50 anni, ma bisogna tenere presente anche delle numerose prescrizioni e di conseguenza le inevitabili limitazioni che questo lavoro negli anni comporta, per cui non sono rari i casi nei quali, specie nel pubblico, l’infermiere è stato assegnato ad altre attività compatibili con il suo stato di salute.Riteniamo che l’avvio delle Case di Comunità nel territorio sia un’iniziativa lodevole e di prospettiva, ma che allo stato attuale non possa venire garantita proprio dalla pesantissima carenza di professionisti sul mercato, a meno che il sistema pubblico non si indebiti ulteriormente attraverso il purtroppo noto meccanismo di convenzione con le cooperative con costi che rischiano di diventare spropositati e con la difficoltà di verificare la qualità dei servizi erogati agli enti appaltanti.
CONCLUSIONI – Uno scenario che non è mai stato così preoccupante, per l’immediato e in prospettiva. Il proliferarsi dei Centri di Medicina privati nel territorio, come quello che stanno costruendo in zona Terraglio poco lontano dall’Ospedale dell’Angelo, rischia di dare il colpo di grazia alla tenuta del sistema. C’è bisogno di investire di più sul personale. C’è la necessità di garantire stipendi adeguati attraverso contratti di lavoro realmente appetibili. C’è bisogno di continuare a investire sul sistema salute da parte dello Stato ma anche della nostra regione. Il rischio è, davvero, quello di dover abdicare al privato, dove solo chi può riesce a garantirsi le cure. Allora avremmo davvero fallito.
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