Dichiarazione di Laura Pulcini – Responsabile del Coordinamento Pari Opportunità e Politiche di Genere della UIL
Ancora una volta le «riforme» del sistema pensionistico penalizzano in maniera grave e indiscriminata le donne.
La mancata valorizzazione del lavoro di maternità e cura, le dimissioni dopo il parto, rendono sostanzialmente impossibile il raggiungimento di quota 100 per le donne; esse, infatti, particolarmente nel settore privato, versano mediamente 25,5 anni di contributi contro i 38,8 dei colleghi maschi. Le donne raggiungerebbero, quindi, la mitologica quota 100 a 74,5 anni, per avere, inoltre, un trattamento previdenziale più contenuto a causa del gender pay gap che caratterizza tutta la loro vita lavorativa.
Nel settore pubblico, caratterizzato da una forte presenza di lavoro femminile, è gravissimo l´impatto del differimento del pagamento del tfs che può arrivare anche a sette anni dal pensionamento. Le donne alla viglia della pensione molto spesso sono sole perché vedove o single. E’ inaccettabile che debbano attendere tempi infiniti per avere dei denari che, giova sempre ricordarlo, sono di loro proprietà e non del datore di lavoro, sia esso pubblico o privato.
Continuano a non esserci misure che valorizzino il lavoro di cura e la maternità; la proroga di «opzione donna» è incompleta non essendoci alcuna specifica riguardante la maturazione dei 35 anni di contributi.
Il governo del cambiamento sembra non andare verso nuovi «binari» per quel che riguarda le tematiche di genere.
Il Coordinamento Pari Opportunità e Politiche di Genere della UIL chiede con forza una maggiore considerazione del lavoro delle donne e azioni concrete volte a eliminare il gender pay gap e il gender pension gap.
E’ una battaglia di equità, ma anche e soprattutto di civiltà.
Roma, 10 gennaio 2019